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Casa Vogue. L'archivio di Piero Fornasetti

Archivio Fornasetti Courtesy Archivio Fornasetti
Era aprile 2009 quando Casa Vogue pubblicava l’articolo dedicato a Piero Fornasetti che vi riproponiamo. L’occasione era la pubblicazione di una doppia monografia (oggi ricercatissima) di cui Mariuccia Casadio, forse l’autrice più nota di Vogue Italia di cui è una storica collaboratrice, firmava i testi (e l’articolo per Casa Vogue). Sono passati non molti anni e, merito anche del volume e della infaticabile opera di Barnaba Fornasetti (il figlio di Piero) la figura e l’opera dell’“alchimista” milanese oggi ha definitivamente acquisito la dovuta notorietà anche presso il grande pubblico, senza per questo perdere quell’aura di magia anche un po’inquietante che ne fa da sempre un oggetto di culto per adepti e appassionati. Alla fine del suo intervento, Casadio lamentava come fino ad allora Milano non avesse ancora dedicato una mostra al multiforme artista. In effetti, si dovette attendere altri anni, finché nel 2013, per ricordarne il centenario della nascita, venne allestita la grande esposizione “Piero Fornasetti. Cento anni di follia pratica” che fu, come si dice, un successone. Dopodiché sono seguite altre manifestazioni, anche all’estero e tutte applaudite. L’occasione, oggi, per questa rilettura viene dalla mostra “Fornasetti Theatrum Mundi”, visitabile sino al 14 febbraio 2021, nell’ambito degli eventi di “Parma 2020-2021”, Capitale della Cultura, allestita tra i diversi edifici che compongono il complesso monumentale della Pilotta, nel cuore della città.
(Paolo Lavezzari)
Courtesy Archivio Fornasetti
Raccolta nei volumi della monografia “Fornasetti. L’artista alchimista”e “La bottega fantastica” (Electa), l’attività del più celebre e amato decoratore del secondo Novecento risalta in tutta la sua straordinaria varietà. E a me, che ho firmato i testi, ha offerto l’entusiasmante esperienza di materiali non di rado inediti. Molte migliaia di dipinti e disegni, schizzi e stampe, décor di ambienti e allestimenti, pezzi d’arredo e oggetti che ne documentano l’iperproduttiva attività nell’arco di oltre mezzo secolo, rendendo pubblici per la prima volta i contenuti del suo prezioso archivio.
Un database pre-informatico fatto di mensole e cassettiere e divenuto uno dei suoi strumenti più indispensabili di lavoro, nel quale si compiacque di conservare in bell’ordine non solo gli infiniti referenti iconografici, la sua collezione d’immagini e oggetti d’affezione, ma anche la documentazione dei molti lavori realizzati o progettati, come si vede in queste pagine. Lasciato in eredità al figlio Barnaba, che da anni ne prosegue l’attività, l’archivio è testimone di un fare instancabile, una pratica segnica diuturna che, a partire dall’arte, culmina nelle arti applicate.
Courtesy Archivio Fornasetti
Si trasforma in linguaggio, scrittura visuale che si estende a pareti, mobili, compendi d’arredo in ceramica o vetro, tessuto o masonite, rendendo l’habitat un teatrale, illusorio gioco di quinte, attestato di un’elegante, ironica e già postmoderna visione del decoro, che coniuga riferimenti a epoche e stili diversi. Barnaba Fornasetti, che ha curato questo nuovo doppio libro, ha realizzato il layout con il semplice ausilio di colla e forbici esattamente come il padre avrebbe fatto trenta o quarant’anni fa. Nonché tenendo conto dei molti appunti e disegni lasciati da Piero, che per anni cercò senza fortuna di realizzare un progetto editoriale di questa portata.
Courtesy Archivio Fornasetti
Monumentale excursus, ma anche opera postuma, mette in luce tutta l’eleganza e ironia del suo stile, il suo legame con il disegno e con l’antico, rendendo non di meno omaggio alla sua capacità di precorrere il tempo. Il suo modus decorativo, l’attualissima liaison di passato e presente, colpì al cuore Gio Ponti. Che, prima di tutti, ebbe il merito di volerlo al suo fianco in molti progetti, dichiarando a un certo punto che gli sarebbe piaciuto, in un’eventuale biografia, un capitolo intitolato “Passione per Fornasetti”.
Per il collezionista americano Mitchell Wolfson, che l’ha definito “isola città-stato milanese”, Fornasetti portava con sé il suo mondo ovunque andasse. Paradossalmente, però, l’opera resta più famosa in Inghilterra e negli Usa che in Italia. E la sua Milano, a oltre vent’anni dalla scomparsa, ancora deve dedicargli una grande mostra.
Courtesy Archivio Fornasetti


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